• ANDREA
    (Fabrizio De André)

    Andrea s'è perso s'è perso e non sa tornare

    Andrea s'è perso s'è perso e non sa tornare
    Andrea aveva un amore Riccioli neri
    Andrea aveva un dolore Riccioli neri.

    C'era scritto sul foglio ch'era morto sulla bandiera
    C'era scritto e la firma era d'oro era firma di re

    Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.
    Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.

    Occhi di bosco contadino del regno profilo francese
    Occhi di bosco soldato del regno profilo francese
    E Andrea l'ha perso ha perso l'amore la perla più rara
    E Andrea ha in bocca un dolore la perla più scura.

    Andrea raccoglieva violette ai bordi del pozzo
    Andrea gettava Riccioli neri nel cerchio del pozzo
    Il secchio gli disse - Signore il pozzo è profondo
    più fondo del fondo degli occhi della Notte del Pianto.

    Lui disse mi basta mi basta che sia più profondo di me.
    Lui disse mi basta mi basta che sia più profondo di me.

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    "Andrea" è una canzone antimilitarista che affronta anche il tema dell'amore omosessuale. I riferimenti a quest'ultimo tema sono abbastanza velati ma De André non ne fa mistero introducendo la canzone durante un concerto del 1992 al Teatro Smeraldo di Milano:
    "Questa canzone la dedichiamo a quelli che Platone chiamava, in modo addirittura poetico, i 'figli della luna'; quelle persone che noi continuiamo a chiamare 'gay' oppure, per una strana forma di compiacimento, 'diversi', se non addirittura 'culi'. Ecco, mi fa piacere cantare questa canzone, che per altro è stata scritta per loro una dozzina di anni fa, così a luci accese, anche a dimostrare che oggi, almeno in Europa, si può essere semplicemente se stessi senza più bisogno di vergognarsene."
    È molto profondo il significato di "Andrea" e come tutte le canzoni del cantautore genovese pone a riflettere su più di una tematica.
    La prima è sicuramente quella dell’omosessualità, ma la canzone nota per essere uno dei primi brani radiofonici a trattare questo tema, è anche un’aspra critica alla guerra. Il tema dell’omosessualità, non è infatti quello centrale. Andrea non soffre per discriminazioni o per mancanza di diritti, ma soffre perché il suo grande amore non tornerà mai più perché è morto in trincea durante una battaglia.
    La storia che viene narrata è ambientata durante la prima guerra mondiale. Andrea mentre è a casa riceve una cartolina firmata da Re che annuncia la morte al fronte del suo amato. Nonostante le parole legate all'onore delle gesta del soldato morto per la bandiera, il dolore di Andrea è talmente forte che lo porterà a compiere un gesto estremo come unica soluzione alla sofferenza.
    Nelle ultime frasi Fabrizio De André scaglia come una freccia l’allusione al suicidio di Andrea, che per il grande dolore temeva di impazzire. Il protagonista getta in un pozzo una ciocca di capelli che il suo amato gli aveva lasciato prima della partenza e per porre termine alla sofferenza decide di seguirla.
    Vediamo quindi che in questo testo, forse troppo spesso ascoltato con troppa leggerezza, troviamo centrali le tematiche dell’amore e della morte. La magistrale scrittura di Fabrizio de André, è in grado di fondere due temi così importanti e di utilizzarli per mettere in luce due tematiche, all'epoca ancora tabù, come l’omosessualità e l’antimilitarismo.


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  • MR. TAMBOURINE MAN (Signor Tamburino)
    (Bob Dylan)

    Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone,

    non ho sonno e non c’è nessun posto dove andare.
    Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone,
    nel mattino tintinnante ti seguirò.

    Sebbene io so che l’impero della sera si è trasformato in sabbia,
    svanito dalle mie mani resto qui cieco ma ancora insonne,
    la mia stanchezza mi stupisce, sono fisso sui miei piedi.
    Non ho nessuno da incontrare
    e la vecchia strada vuota è troppo morta per sognare

    Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone,
    non ho sonno e non c’è nessun posto dove andare.
    Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone,
    nel mattino tintinnante ti seguirò.

    Portami in un viaggio sulla tua magica nave turbinante,
    i miei sensi sono spogli, le mie mani non hanno presa,
    le dita dei miei piedi troppo intorpidite per camminare
    aspettano solo i tacchi dei miei stivali per vagabondare.
    Sono pronto per andare dovunque, sono pronto a svanire
    nella mia parata personale, lancia il tuo incantesimo danzante,
    prometto di sottopormici.

    Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone,
    non ho sonno e non c’è nessun posto dove andare.
    Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone,
    nel mattino tintinnante ti seguirò.

    Sebbene tu senta ridere, ruotare, dondolare follemente attraverso il sole,
    ciò non è indirizzato a nessuno, semplicemente sta scappando di corsa,
    e tranne che il cielo non trova barriere.
    E se tu senti vaghe tracce di mulinelli di rime saltellanti
    al tempo del tuo tamburino, non è altro che un lacero pagliaccio.
    Fosse per me non gli presterei alcuna intenzione, vedi bene che è solo
    un’ombra quella che insegue.

    Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone,
    non ho sonno e non c’è nessun posto dove andare.
    ney! Signor Tamburino, suonami una canzone,
    Nel mattino tintinnante ti seguirò.

    Allora fammi scomparire tra gli anelli di fumo della mia mente
    giù nelle brumose rovine del tempo, lontano dalle foglie gelate,
    dai terrifici alberi infestati dai fantasmi, su spiagge ventose,
    fuori dal corso attorcigliato del folle dolore.
    Sì, danzare sotto il cielo adamantino con una mano che fluttua libera
    stagliata contro il mare, con intorno un cerchio di sabbia,
    con i ricordi ed il destino persi nelle onde,
    lasciami scordare l’oggi fino a domani.

    Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone,
    non ho sonno e non c’è nessun posto dove andare.
    Hey! Signor Tamburino, suonami una canzone,
    nel mattino tintinnante ti seguirò.

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    “Hey Mr. Tambourine man, play a song for me” è l’esortazione con cui si apre il brano, ed è anche la sua chiave di lettura. In effetti, Dylan non intendeva riferirsi al suonatore di tamburini, ma ad uno spacciatore. A dichiararlo fu un suo ex manager italiano, che spiegò come funzionava lo spaccio nei club newyorkesi: lo spacciatore, sedutosi al bancone, iniziava a battere ritmicamente le nocche pronunciando esattamente le stesse parole con cui inizia la canzone, per far capire di avere roba da vendere.
    Dylan non ha mai confermato questa versione, definendo il “Mr. Tambourine Man” semplicemente come un venditore di speranza, di vie di uscita da un’esistenza difficile e dolorosa, per un uomo che non ha un posto dove andare, né nessuno con cui incontrarsi. Il controverso significato della canzone ha reso questo brano molto contestato e, allo stesso tempo, uno dei più amati della musica folk.
    Chi si rivolge al “Mr. Tambourine Man” è evidentemente qualcuno che tenta a tutti i costi di evadere dai più reconditi angoli della sua stessa mente, dai ricordi di un passato turbolento, da una realtà complicata da accettare. Egli vuole “scomparire tra gli anelli di fumo della sua mente lontano dalle foglie ghiacciate, dai terrificanti alberi infestati da fantasmi, fuori dalle grinfie del dolore”.
    Quest’uomo si accinge a compiere un vero e proprio viaggio tra i suoi dolorosi ricordi che, tuttavia, durerà solo una notte. Il Tambourine Man, infatti, gli consentirà di “dimenticarsi del presente almeno fino a domani”. Il continuo utilizzo di splendide metafore, alcune più evidenti ed altre meno, rende questo brano un vero e proprio testo poetico, accompagnato da note dolci ed evocative.


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  • UN ALBERO DI TRENTA PIANI
    (Adriano Celentano)

    Per la tua mania

    di vivere in una città,
    guarda bene come ci ha
    conciati la metropoli.

    Belli come noi
    ben pochi sai ce n’erano
    e dicevano quelli vengono dalla campagna.
    Ma ridevano, si spanciavano, già sapevano
    che saremmo ben presto
    anche noi diventati come loro.
    Tutti grigi come grattacieli,
    con la faccia di cera,
    con la faccia di cera.
    È la legge di questa atmosfera
    che sfuggire non puoi
    fino a quando tu vivi in città.

    Nuda sulla pianta
    prendevi il sole con me
    e cantavano per noi
    sui rami le allodole.
    Ora invece qui
    nella città i motori delle macchine
    già ci cantano la marcia funebre.

    E le fabbriche ci profumano anche l’aria
    colorandoci il cielo di nero
    che odora di morte.
    Ma il Comune dice che però
    la città è moderna,
    non ci devi far caso
    se il cemento ti chiude anche il naso.
    La nevrosi è di moda,
    chi non l’ha ripudiato sarà.

    Ahia, non respiro più,
    mi sento che soffoco un po’,
    sento il fiato che va giù,
    va giù, e non viene su.
    Vedo solo che qualcosa sta nascendo,
    forse è un albero,
    sì è un albero di trenta piani.

    ----------

    La musica può fare riflettere, sognare, capire e ricordare. “Un albero di trenta piani” è un racconto di ragazzi che si trasferiscono dalla campagna alla città. Belli e puri anche loro poco a poco si fanno grigi e cupi. Il male della città sono i motori delle macchine, le fabbriche e il cemento che ovunque ricopre la natura che prima circondava i nostri ambienti. La canzone si conclude con una triste metafora, gli alberi in città si chiamano grattaceli di trenta piani.


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  • TEARS IN HEAVEN (Lacrime in Paradiso)
    (Eric Clapton)

    Riconoscesti il mio nome

    se ti vedessi in paradiso?
    Sarebbe lo stesso
    se ti vedessi in paradiso?
    Devo essere forte e andare avanti,
    Perché so che non appartengo a questo posto in paradiso

    Vuoi tenere la mia mano
    se ti vedessi in paradiso?
    Mi aiuteresti a stare in piedi
    se ti vedessi in paradiso?
    Troverò il modo attraverso la notte e il giorno
    Perché so che non posso stare qui in paradiso

    Il tempo può buttarti giù,
    il tempo può piegarti le ginocchia.
    Il tempo può spezzarti il cuore,
    Hai implorato clemenza,
    implorato clemenza...

    Oltre la porta c’è pace, sono sicuro,
    E so che non ci saranno più lacrime in paradiso

    Ricorderesti il mio nome
    se ti vedessi in paradiso?
    Avresti le stesse sensazioni
    se ti vedessi in paradiso?
    Devo essere forte e andare avanti,
    Perché so che non appartengo a questo posto in paradiso

    ----------

    Il 20 Marzo 1991 un’improvvisa disgrazia colpì il celebre chitarrista inglese Eric Patrick Clapton. Conor, il figlio di appena quattro anni nato dalla relazione con la soubrette Lory Del Santo, precipita dal 53esimo piano di un palazzo di Manhattan. Il bimbo, incuriosito da una finestra lasciata sbadatamente aperta da una colf, è precipitato per oltre cento metri andando incontro ad una morte certa.
    Se la tragedia fosse successa qualche anno prima Clapton probabilmente avrebbe affondato i suoi dolori nell’alcool e nella droga, ma quelle brutte abitudini, ormai, facevano parte del passato. Eric Clapton, saggiamente, decide di estraniarsi dal mondo intero trasferendosi su un’isola dei Caraibi insieme alla sua fedelissima chitarra: “Avevo bisogno di uscirne fuori, di salvarmi. L’unico modo era quello di scrivere e suonare, scrivere e suonare”.
    La riflessione musicale e l’esilio di Clapton andranno a tradursi in uno dei pezzi più commoventi della sua discografia: Tears in Heaven. “Il brano era nella mia testa già da un po’, ma non aveva avuto ragione di esistere fin quando non mi sono messo al lavoro. Mi sono affidato all’unica cura possibile: la musica”, ha spiegato una volta Clapton durante un’intervista.
    Eric Clapton nel testo della canzone si abbandona ad alcune domande commoventi e strazianti allo stesso tempo: “Ricorderesti il mio nome se ci incontrassimo in Paradiso? Mi terresti la mano se ti vedessi in Paradiso? Devo essere forte e andare avanti”.


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  • HAPPY XMAS - WAR IS OVER (Buon Natale - La guerra è finita)
    (John Lennon)

    E così è arrivato il Natale,

    e tu cosa hai fatto?
    Un altro anno se n’è andato
    e uno nuovo è appena iniziato.

    E così è Natale,
    auguro a tutti di essere felici
    alle persone vicine e a quelle care
    ai vecchi ed ai giovani.

    Buon Natale
    e felice anno nuovo.
    Speriamo sia un buon anno
    senza timori né paure.

    E così è Natale,

    per i deboli ed i forti,

    per i ricchi ed i poveri,

    il mondo è così sbagliato.

    E così è Natale,
    per i neri ed i bianchi,
    per i gialli ed i rossi,
    smettiamola di combattere.

    Buon Natale
    e felice anno nuovo.
    Speriamo sia un buon anno
    senza timori né paure.

    E così è Natale,
    con tutto quello che è successo.
    Un altro anno se n’è andato
    e uno nuovo è appena iniziato.

    E così è Natale,
    auguro a tutti di essere felici
    alle persone vicine e a quelle care
    ai vecchi ed ai giovani.

    Buon Natale
    e felice anno nuovo.
    Speriamo sia un buon anno
    senza timori né paure.

    La guerra è finita
    Se tu lo vuoi
    La guerra è finita
    adesso.

    ----------

    Con “Happy Xmas” John Lennon, con lo sguardo di chi non sa vedere disuguaglianze nel mondo, manda un Buon Augurio di Natale a tutti, ai deboli e ai forti, ai ricchi e ai poveri. In un momento critico della nostra storia, in cui la Guerra Fredda spostava le pedine del nostro mondo. Un momento teso, in cui le macerie della Seconda guerra Mondiale, iniziavano un minimo ad essere rimesse a posto. Eppure la violenza e la discriminazione, continuavano ad esserci. E il mondo era stanco. John Lennon era stanco. “Per i neri, i bianchi, i gialli ed i rossi, smettiamola di combattere”. Basta sangue, basta scontri. Davanti al Natale, ci si ritrova a riflettere sulla nostra bontà, sulla nostra fede, sul nostro altruismo. Perciò, afferma Lennon, ripartiamo da questi per costruire un mondo migliore.


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