• IL FIUME E L'OCEANO

    Dicono che prima di entrare in mare

    Il fiume trema di paura.
    A guardare indietro
    tutto il cammino che ha percorso,
    i vertici, le montagne,
    il lungo e tortuoso cammino
    che ha aperto attraverso giungle e villaggi.
    E vede di fronte a sé un oceano così grande
    che a entrare in lui può solo
    sparire per sempre.
    Ma non c’è altro modo.
    Il fiume non può tornare indietro.
    Nessuno può tornare indietro.
    Tornare indietro è impossibile nell’esistenza.
    Il fiume deve accettare la sua natura
    e entrare nell’oceano.
    Solo entrando nell’oceano
    la paura diminuirà,
    perché solo allora il fiume saprà
    che non si tratta di scomparire nell’oceano
    ma di diventare oceano.

    (Gibran Kahlil Gibran)

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    Questa poesia mette in evidenza quanto tutti temiamo il cambiamento e nonostante la strada percorsa abbiamo paura. Ma ci sono scelte che sono irrinunciabili anche se ci spaventano. Secondo Gibran l’uomo è il fiume che si getta nell’oceano accogliendo e affrontando ciò che accade, prendendo atto che non sarà più ciò che era prima, ma sarà altro e parte di qualcosa di nuovo, magari migliore di prima.


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  • SE IO POTRÒ IMPEDIRE A UN CUORE DI SPEZZARSI

    Se io potrò impedire a un Cuore di spezzarsi

    Non avrò vissuto invano
    Se potrò alleviare il Dolore di una Vita
    O lenire una Pena
    O aiutare un Pettirosso caduto
    A rientrare nel suo nido
    Non avrò vissuto invano.

    (Emily Dickinson)



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  • LA MATRICIANA MIA

    Soffriggete in padella staggionata,

    cipolla, ojo, zenzero infocato,
    mezz'etto de guanciale affumicato
    e mezzo de pancetta arotolata.

    Ar punto che 'sta robba è rosolata,
    schizzatela d'aceto profumato
    e a fiamma viva, quanno è svaporato,
    mettete la conserva concentrata.

    Appresso er dado che jè dà sapore,
    li pommidori freschi San Marzano,
    co' un ciuffo de basilico pe' odore.

    E ammalappena er sugo fa l'occhietti,
    assieme a pecorino e parmigiano,
    conditece de prescia li spaghetti.

    (Aldo Fabrizi)



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  • CI SONO DONNE…

    E poi ci sono le Donne Donne…

    E quelle non devi provare a capirle,
    perchè sarebbe una battaglia persa in partenza.
    Le devi prendere e basta.
    Devi prenderle e baciarle, e non devi dare loro il tempo il tempo di pensare.
    Devi spazzare via con un abbraccio
    che toglie il fiato, quelle paure che ti sapranno confidare una volta sola, una soltanto.
    a bassa, bassissima voce. Perché si vergognano delle proprie debolezze e, dopo
    averle raccontate si tormentano – in una agonia
    lenta e silenziosa – al pensiero che, scoprendo il fianco, e mostrandosi umane e fragili e
    bisognose per un piccolo fottutissimo attimo,
    vedranno le tue spalle voltarsi ed i tuoi passi
    allontanarsi.
    Perciò prendile e amale. Amale vestite, che a
    spogliarsi son brave tutte.
    Amale indifese e senza trucco, perché non sai
    quanto gli occhi di una donna possono trovare
    scudo dietro un velo di mascara.
    Amale addormentate, un po’ ammaccate quando il sonno le stropiccia.
    Amale sapendo che non ne hanno bisogno: sanno bastare a se stesse.
    Ma appunto per questo, sapranno amare te come nessuna prima di loro.

    (Alda Merini)



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  • MEMORIA

    Gli uomini vanno e vengono per le strade della città.

    Comprano cibo e giornali, muovono a imprese diverse.
    Hanno roseo il viso, le labbra vivide e piene.
    Sollevasti il lenzuolo per guardare il suo viso,
    ti chinasti a baciarlo con un gesto consueto.
    Ma era l’ultima volta. Era il viso consueto,
    solo un poco più stanco. E il vestito era quello di sempre.
    E le scarpe eran quelle di sempre. E le mani erano quelle
    che spezzavano il pane e versavano il vino.
    Oggi ancora nel tempo che passa sollevi il lenzuolo
    a guardare il suo viso per l’ultima volta.
    Se cammini per strada, nessuno ti è accanto,
    se hai paura, nessuno ti prende la mano.
    E non è tua la strada, non è tua la città.
    Non è tua la città illuminata: la città illuminata è degli altri,
    degli uomini che vanno e vengono comprando cibi e giornali.
    Puoi affacciarti un poco alla quieta finestra,
    e guardare in silenzio il giardino nel buio.
    Allora quando piangevi c’era la sua voce serena;
    e allora quando ridevi c’era il suo riso sommesso.
    Ma il cancello che a sera s’apriva resterà chiuso per sempre;
    e deserta è la tua giovinezza, spento il fuoco, vuota la casa.

    (Natalia Ginzburg)



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